Chapter III - "Breaking the Circle"
Track 4_Lying on a pink cloud
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Will rimane fermo e scosso sulla spiaggia, come soggiogato dal fiume in piena di sensazioni, rivelazioni e ricordi che si è appena scatenato nella sua anima.
Il suo doppio, insieme ai milioni di Sé cui egli stesso aveva dato vita per rispondere alle formalità forzate ed ai ritmi incessanti dell'ordinaria bugia della sua mediocre esistenza, sembrano non poter essere più controllati, repressi, nascosti. Hanno sofferto troppo, sono stati al chiuso troppo a lungo. Bisogna spezzare il cerchio.
Will sente in sé l'irrenefrenabile desiderio di lasciarli a briglia sciolta, di ribellarsi, di sentirseli dentro vivi come non mai, come irrinunciabili parti di Sé che finalmente devono trovare la loro via verso il mondo, accompagnarsi a quel finto simulacro d'uomo che è diventato, solo forma e niente sostanza, per completarlo e farlo vivere davvero per intero.
Ma c'è un solo mezzo per riuscire a fare questo. Bisogna abbandonarsi, mettere da parte la ragione, aprirsi all'esperienza, sciogliere i vincoli delle abitudini, dei legami ordinari, delle forme e del rispetto. Liberarsi significa ribellarsi, non c'è altra maniera. Andare contro, controcorrente, scontrarsi con l'idea di sé stesso e con la gente.
Se la realtà pratica non basta più e la quotidianità rende tutto vuoto e mediocre, svuotando l’uomo stesso delle sue “potenzialità d’infinito”, e allontanandolo da tutto ciò che sublime e liberatorio, dal contatto vero ed autentico con il mondo, il primo passo da compiersi è un atto di PURA RIBELLIONE, volto a sciogliere tutti i vincoli (fisici ed ideali) che lo tengono in qualche modo "attaccato" a quella realtà.
Serve quindi una rivolta pura e definitiva contro tutte le forme e gli schemi da sempre avvertiti come imposti che hanno “narcotizzato” il nostro spirito più verace e profondo, impedendoci di andare a “toccare il sole” della nostra esistenza come novelli Icari in un mondo non più mitologico. Will è ormai fermamente convinto di questo.
Non bisogna indugiare, non c'è più tempo.
Atterrito, sfinito, come sperduto ed esausto su quella spiaggia, Will lancia dunque la sua sfida, lancia dunque il suo grido di libertà.
E' un grido che si erge contro i limiti umani e persino contro la nostra stessa idea di Dio.
E’ il canto di un nuovo dantesco Ulisse, che avvolto nelle fiamme dell’inferno trova ancora l’ardire di gridare a Dio e al mondo intero che nel piccolo della sua umanità è giunto oltre i confini, oltre le colonne d’Ercole di questo mondo, avvicinandosi più d'ogni altro al divino segreto dell’universo. E’ un inno alla mente dell’uomo, alle ali del suo pensiero e alla sua essenziale indipendenza.
Will vuole vivere tutto sé stesso. Non vuole avere confini. Vuole godere di ciò che è in grado di pensare, di creare, di sentire.
L’uomo, infatti, se riesce col suo pensiero a “immaginare” certe cose, a “crearne” delle altre, a “sentirne” altre ancora, è in tutto e per tutto uguale a dio.
Eppure, buttato in questo mondo che è tutto sovrastruttura, dove tutto è stato imposto dall’alto, destinato a svilupparsi entro i confini ristretti dell’esperienza “consentita” delle cose - può ambire solo all’intuizione e mai alla vera conoscenza.
Ha ali per volare, ma non sa che farsene.
La verità gli sfugge di passo in passo, il potere dei sensi si ferma ad una precisa soglia. Perché?? Perché non dimostrare a dio stesso che l’uomo può crearsi un nuovo mondo per sé, un nuovo cielo in cui volare liberamente?
Perché non abbandonarsi all'incessante fluire della vita che batte insieme al sangue che scorre nelle nostre vene, e cedere a tutti i nostri istinti, a tutte le voci che c'insidiano la mente, alle nostre mille identità nascoste, ai paradisi dei nostri sensi e dei nostri sogni, alle sapienti costruzioni delle nostre menti??
Il cielo non ha limiti, il sole non può bruciare le nostre ali.
Laggiù, dietro al tramonto, tra le nuvole rose squarciate da quel sole, esiste un mondo che è frutto dell'umanità ed è il mondo per l'uomo perfetto.
Attraverso l’esperienza del sublime, trascendendo ogni limite, si può giungere al sapere autentico delle cose, al controllo delle stesse, al possesso del segreto stesso dell’esistere, che è il godimento di ciò che ci offre il mondo senza il rimorso del senso di colpa e il rimpianto delle regole infrante.
La nuvola rosa è un’ “isola che non c’è” che in realtà c’è e si può raggiungere.
Quella è la meta che Will vuole raggiungere. Vuole tornare ad essere vero.
Il mondo ha confini diversi da quelli che diamo per scontati. L’uomo, con la sua volontà, nel suo pensiero infinito, può spostare infatti quei confini ed essere pienamente sé stesso, proprio come un dio, indispensabile a sé, agli altri e all’universo.
La strada dell’eccesso sensoriale appare in questo senso la prima da percorrere.
Andare oltre quello che sente la massa, oltre il consentito, oltre i limiti imposti dalla macchina. Alla ricerca dei paradisi artificiali, direbbe Baudelaire. Per spalancare le porte della percezione, direbbe Jim Morrison. E questo è quello che dice Will:
"Sei tu, Dio, che mi ha sbarrato le porte del paradiso, per effetto dei limiti mi hai voluto imporre? Allora io forzerò quei limiti per toccare il fondo del fondo del più infimo inferno, perché al di là di quello e di me stesso, non posso che trovare che l'ego che mi riempie e l'ego che m'ha creato...."
Il suo doppio, insieme ai milioni di Sé cui egli stesso aveva dato vita per rispondere alle formalità forzate ed ai ritmi incessanti dell'ordinaria bugia della sua mediocre esistenza, sembrano non poter essere più controllati, repressi, nascosti. Hanno sofferto troppo, sono stati al chiuso troppo a lungo. Bisogna spezzare il cerchio.
Will sente in sé l'irrenefrenabile desiderio di lasciarli a briglia sciolta, di ribellarsi, di sentirseli dentro vivi come non mai, come irrinunciabili parti di Sé che finalmente devono trovare la loro via verso il mondo, accompagnarsi a quel finto simulacro d'uomo che è diventato, solo forma e niente sostanza, per completarlo e farlo vivere davvero per intero.
Ma c'è un solo mezzo per riuscire a fare questo. Bisogna abbandonarsi, mettere da parte la ragione, aprirsi all'esperienza, sciogliere i vincoli delle abitudini, dei legami ordinari, delle forme e del rispetto. Liberarsi significa ribellarsi, non c'è altra maniera. Andare contro, controcorrente, scontrarsi con l'idea di sé stesso e con la gente.
Se la realtà pratica non basta più e la quotidianità rende tutto vuoto e mediocre, svuotando l’uomo stesso delle sue “potenzialità d’infinito”, e allontanandolo da tutto ciò che sublime e liberatorio, dal contatto vero ed autentico con il mondo, il primo passo da compiersi è un atto di PURA RIBELLIONE, volto a sciogliere tutti i vincoli (fisici ed ideali) che lo tengono in qualche modo "attaccato" a quella realtà.
Serve quindi una rivolta pura e definitiva contro tutte le forme e gli schemi da sempre avvertiti come imposti che hanno “narcotizzato” il nostro spirito più verace e profondo, impedendoci di andare a “toccare il sole” della nostra esistenza come novelli Icari in un mondo non più mitologico. Will è ormai fermamente convinto di questo.
Non bisogna indugiare, non c'è più tempo.
Atterrito, sfinito, come sperduto ed esausto su quella spiaggia, Will lancia dunque la sua sfida, lancia dunque il suo grido di libertà.
E' un grido che si erge contro i limiti umani e persino contro la nostra stessa idea di Dio.
E’ il canto di un nuovo dantesco Ulisse, che avvolto nelle fiamme dell’inferno trova ancora l’ardire di gridare a Dio e al mondo intero che nel piccolo della sua umanità è giunto oltre i confini, oltre le colonne d’Ercole di questo mondo, avvicinandosi più d'ogni altro al divino segreto dell’universo. E’ un inno alla mente dell’uomo, alle ali del suo pensiero e alla sua essenziale indipendenza.
Will vuole vivere tutto sé stesso. Non vuole avere confini. Vuole godere di ciò che è in grado di pensare, di creare, di sentire.
L’uomo, infatti, se riesce col suo pensiero a “immaginare” certe cose, a “crearne” delle altre, a “sentirne” altre ancora, è in tutto e per tutto uguale a dio.
Eppure, buttato in questo mondo che è tutto sovrastruttura, dove tutto è stato imposto dall’alto, destinato a svilupparsi entro i confini ristretti dell’esperienza “consentita” delle cose - può ambire solo all’intuizione e mai alla vera conoscenza.
Ha ali per volare, ma non sa che farsene.
La verità gli sfugge di passo in passo, il potere dei sensi si ferma ad una precisa soglia. Perché?? Perché non dimostrare a dio stesso che l’uomo può crearsi un nuovo mondo per sé, un nuovo cielo in cui volare liberamente?
Perché non abbandonarsi all'incessante fluire della vita che batte insieme al sangue che scorre nelle nostre vene, e cedere a tutti i nostri istinti, a tutte le voci che c'insidiano la mente, alle nostre mille identità nascoste, ai paradisi dei nostri sensi e dei nostri sogni, alle sapienti costruzioni delle nostre menti??
Il cielo non ha limiti, il sole non può bruciare le nostre ali.
Laggiù, dietro al tramonto, tra le nuvole rose squarciate da quel sole, esiste un mondo che è frutto dell'umanità ed è il mondo per l'uomo perfetto.
Attraverso l’esperienza del sublime, trascendendo ogni limite, si può giungere al sapere autentico delle cose, al controllo delle stesse, al possesso del segreto stesso dell’esistere, che è il godimento di ciò che ci offre il mondo senza il rimorso del senso di colpa e il rimpianto delle regole infrante.
La nuvola rosa è un’ “isola che non c’è” che in realtà c’è e si può raggiungere.
Quella è la meta che Will vuole raggiungere. Vuole tornare ad essere vero.
Il mondo ha confini diversi da quelli che diamo per scontati. L’uomo, con la sua volontà, nel suo pensiero infinito, può spostare infatti quei confini ed essere pienamente sé stesso, proprio come un dio, indispensabile a sé, agli altri e all’universo.
La strada dell’eccesso sensoriale appare in questo senso la prima da percorrere.
Andare oltre quello che sente la massa, oltre il consentito, oltre i limiti imposti dalla macchina. Alla ricerca dei paradisi artificiali, direbbe Baudelaire. Per spalancare le porte della percezione, direbbe Jim Morrison. E questo è quello che dice Will:
"Sei tu, Dio, che mi ha sbarrato le porte del paradiso, per effetto dei limiti mi hai voluto imporre? Allora io forzerò quei limiti per toccare il fondo del fondo del più infimo inferno, perché al di là di quello e di me stesso, non posso che trovare che l'ego che mi riempie e l'ego che m'ha creato...."
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